Perché dovremmo tutti preoccuparci della Vitamina B12?

Sembra paradossale ma dell'integrazione di questa vitamina così essenziale gli onnivori dovrebbero preoccuparsi maggiormente rispetto a vegetariani e vegani.
Luciana Baroni
Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana - APS
Pubblicato il 24/06/2025

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Come regola generale, tutte le vitamine (ad eccezione della vitamina D e della vitamina K) sono nutrienti essenziali, il che significa che non vengono prodotte dall’organismo ma è necessario assumerle da una fonte esterna, cioè con l’alimentazione, attraverso cibo o integratori. Va precisato in questa sede che gli integratori sono definiti  dal Decreto Legislativo 21 maggio 2004, n.169, attuazione della direttiva 2002/46/CE relativa agli integratori alimentari «prodotti alimentari, destinati ad integrare la comune dieta e che costituiscono una fonte concentrata di sostanze nutritive».

Dunque, non dobbiamo considerare l’assunzione di un integratore, se necessaria, in modo differente dall’assunzione di un qualunque cibo.

Gli integratori sono infatti particolarmente utili quando la dieta non fornisca adeguate quantità di uno specifico nutriente: è il caso della vitamina D (che fisiologicamente dovrebbe venire prodotta dalla pelle per azione del sole, ma non alle nostre latitudini), del ferro (le cui richieste molto elevate in particolari situazioni fisiologiche non possono essere soddisfatte dalla dieta) e della vitamina B12, su cui fornirò in questo articolo maggiori dettagli.

La vitamina B12 è una vitamina particolare, perché è presente solo nei cibi animali (il che significa che i cibi vegetali non ne contengono ma, volendo essere puntuali, la gran parte dei cibi animali la contengono anche grazie al fatto che gli animali la introducono attraverso integratori presenti nel mangime). Però, per soddisfarne il fabbisogno bisognerebbe assumerne le quantità raccomandate (4 mcg nell’adulto) in più assunzioni, il che significa consumare cibi animali quotidianamente e ad ogni pasto. Questo va in contrasto con tutte le più recenti Linee Guida Nutrizionali, che invitano a ridurre il consumo di cibi animali e a privilegiare cibi vegetali. 

Inoltre, a causa dei peculiari meccanismi di assorbimento e distribuzione nei tessuti, le quantità assunte non sono proporzionali a quelle assorbite: al loro crescere, l’assorbimento si riduce drammaticamente. Se poi sono presenti fattori che interferiscono con l’assorbimento, come ad esempio gastrite, assunzione di antiacidi o metformina, resezioni intestinali, l’assorbimento si riduce ulteriormente. Serve infatti un ambiente gastrico sano in grado di produrre gli enzimi e l’acido cloridrico che “staccano” la vitamina B12 dal cibo che la contiene e sia in grado di produrre il Fattore Intrinseco, che trasporta la vitamina fino all’ileo terminale, dove viene assorbita. Poiché il legame al Fattore Intrinseco è saturabile (permette infatti l’assorbimento di 1.5-2.0. mcg), questo spiega perché vengano ben assorbite solo piccole quantità di vitamina B12. In alternativa, poiché la vitamina viene assorbita passivamente dal lume intestinale, ne servono elevate quantità, poiché questo processo ha un’efficienza dell’1%, e spiega perché tanto meno frequente sia l’assunzione della vitamina tanto maggiore deve essere la dose, perché va sempre ricordato che la percentuale assorbita non è in proporzione fissa, ma varia con la dose.

La carenza di vitamina B12 si manifesta con sintomi ematologici e neurologici e, in aggiunta ai soggetti che presentano i fattori sopramenzionati che interferiscono con l’assorbimento, dopo i 50 anni molti soggetti non sono in grado di assorbirla in modo efficiente. 

Questo dà ragione del fatto che ormai la carenza di vitamina B12 sia molto più diffusa nella popolazione onnivora di quel che si crede come ben si è accorto il mercato (pensiamo al proliferare di spot pubblicitari che ne promuovono l’integrazione). 

La conoscenza della vitamina B12 tra gli operatori sanitari è oserei dire quanto meno insufficiente (manca soprattutto la competenza sulle quantità raccomandate). Inoltre, i referti di laboratorio non aiutano, dal momento che ancora molti identificano livelli di normalità sopra i 180-200 pg/ml, e solo una minoranza riporta il riferimento alla cosiddetta “zona grigia”, che può estendersi fino ai 450-550 pg/ml e che può causare danni in quanto i livelli di vitamina possono comunque non essere sufficienti per le funzioni che deve svolgere, e che va riconosciuta prima che possano svilupparsi danni irreversibili.

Paradossalmente, i vegetariani (latto-ovo e vegani) sono a conoscenza del problema, cosa che invece ignorano la gran parte della popolazione onnivora e i suoi medici. Purtroppo per loro, il consumo di cibi animali non regala l’immunità. È quindi importante che l’attenzione nei confronti della vitamina B12 diventi di pubblico dominio. Se non l’avete ancora fatto, chiedete al vostro medico di controllare:

  • emocromo
  • vitamina B12 
  • folati (che possono confondere sui risultati relativi al volume dei globuli rossi)
  • omocisteina (che è un indicatore di carenza dei depositi della vitamina, e tende ad aumentare quando la vitamina non funziona sufficientemente)

Finisco ricordando che i sintomi iniziali della carenza sono inizialmente vaghi ma reversibili, mentre quelli conclamati possono essere irreversibili. Mantenete i vostri valori ematici di B12 al di sopra di 400-450 pg/ml, a prescindere da quale sia la vostra dieta, e ricordate che sono disponibili specifiche indicazioni per l’integrazione, redatte dagli esperti di Società Scientifica di  Nutrizione Vegetariana – SSNV

Infine, non c’è vantaggio a usare le costose cosiddette “isoforme naturali” (metil- e adenosil- cobalamina), perché, per non vengono utilizzate come tali ma vengono comunque degradate a cobalamina, da cui poi l’organismo produce l’isoforma che gli serve.

Luciana Baroni

Luciana Baroni

Medico, specialista in Neurologia, Geriatria e Gerontologia, con un Master universitario internazionale in Nutrizione e Dietetica. In ambito professionale si occupa principalmente della diagnosi e cura delle malattie neurodegenerative, ma è anche Presidente di Società Scientifica di Nutrizione Vegetariana-SSNV, Associazione di Promozione Sociale non-profit, che ha fondato nel 2000. Autrice e curatrice di numerosi articoli e pubblicazioni concernenti salute, alimentazione e stile di vita, ha tenuto conferenze e corsi in molte città d’Italia sui temi dell’alimentazione vegetariana, intervenendo anche a programmi radiotelevisivi. Nel 2015 ha ideato e pubblicato il metodo del PiattoVeg, una guida alimentare aggiornata per l’alimentazione vegetariana. Coautrice e coordinatrice del Master in Nutrizione e Dietetica Vegetariana dell’Università Politecnica delle Marche, Italia.
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